N°145 - Panorama di Economia Immobiliare - Dicembre 2015
SubTitle: COMPRAVENDITE E LOCAZIONI
Nel III trimestre 2015 il mercato immobiliare italiano, dopo il buon risultato del precedente trimestre, consolida in modo significativo la ripresa, registrando un tasso di crescita tendenziale, riferito al totale delle compravendite, pari all’8,8%, con un volume complessivo di scambi che raggiunge le 225.257 Ntn. Il numero di transazioni dal I trimestre 2014 e le rispettive variazioni tendenziali mostrano rialzi in tutti i settori, come avvenuto già nel IV trimestre del 2014, dove però c’era stato anche un effetto fiscale. Il settore residenziale in particolare, nel III trimestre 2015, con 105.104 Ntn fa segnare con un +10,8% il rialzo maggiore: si tratta, in assoluto, di oltre 10 mila abitazioni compravendute in più rispetto al III trimestre del 2014. Analogamente, gli scambi di cantine, box e posti auto, in larga parte pertinenze delle abitazioni, crescono in questo trimestre del 9%, con 80.178 Ntn. Il terziario (1.913 Ntn) e il produttivo (2.058 Ntn) mostrano le variazioni più contenute, rispettivamente +0,9% e +2,2%, ma tornano a crescere dopo due trimestri di perdite pesanti. Il comparto dei negozi, degli alberghi e degli altri edifici commerciali (5.829 Ntn), pur mantenendosi su ritmi di crescita sostenuti (+7,4%), mostra una decelerazione del tasso di incremento rispetto al trimestre precedente. Infine, nella categoria “altro”, in cui confluiscono gli immobili non diversamente classificabili, le compravendite (30.175 Ntn), sono aumentate di poco più di tre punti percentuali.
49° RAPPORTO CENSIS: LA QUESTIONE ABITATIVA DOPO LA GRANDE CRISI – CENSIS
Se tra il 2004 e il 2007 nel mercato immobiliare si era superata la soglia delle 800.000 compravendite l'anno, con la crisi si è scesi prima a 600.000 (triennio 2009-2011), per poi attestarsi negli ultimi quattro anni poco sopra le 400.000 abitazioni scambiate. Se si confrontano i volumi di compravendite delle abitazioni nelle grandi aree urbane del 2007 con quelli del 2014 si vede come nelle cinture metropolitane il mercato si è praticamente dimezzato. Di contro, nei capoluoghi il calo dei volumi di scambio in termini percentuali è in genere assai più contenuto, attestandosi nella maggioranza dei casi tra il 20% e il 30%. Intanto, di anno in anno cresce il numero dei provvedimenti di sfratto (aumentati del 76% dal 2007), riferibili ormai in 9 casi su 10 alla morosità dell'inquilino.
IL MERCATO VERSO LA STABILIZZAZIONE NEL 2016 – MOODY'S
Secondo Moody's il mercato immobiliare italiano nel 2016 resterà stabile, mentre una ripresa più sostenuta è da rinviare agli anni futuri, questo grazie ai tassi di interesse sui mutui casa ai minimi storici, alla propensione delle banche di tornare a concedere mutui, ai prezzi bassi degli immobili (calati del 19% dal 2008 ad oggi) e alle condizioni macroeconomiche lievemente in ripresa. Tuttavia, i bassi livelli di incremento della popolazione e i livelli elevati di disoccupazione potrebbero ostacolare la domanda di abitazioni sul lungo periodo.
MERCATO DEGLI AFFITTI IN RIPRESA: LA DOMANDA TORNA A CRESCERE – CASA.IT
Da novembre 2014 a oggi l’offerta di appartamenti in affitto in Italia è cresciuta del 5,4%, seppure in minore misura rispetto al passato quando si registravano incrementi a doppia cifra: il tasso tendenziale annuo della domanda a novembre 2015 è aumentato del 3,7% a fronte di una crescita del 5,4% dell’offerta; la richiesta di affitti cresce anche a seguito della debolezza della domanda di acquisto di abitazioni; inoltre, tale crescita è stata più accentuata nella prima parte dell’anno rispetto al periodo attuale, forte anche del fenomeno ciclico delle case-vacanza. Invece, i canoni di locazione sono ancora in discesa (-3,2% anno) ma tendenti alla stabilità; è in crescita – non solo a Milano grazie all’Expo – il segmento degli affitti brevi che ha rivitalizzato il settore con un aumento a tripla cifra (+118% annuo), delle case in offerta. Il calo della domanda delle famiglie potenzialmente interessate ad acquistare una casa negli ultimi anni ha, di fatto, favorito un aumento della domanda delle abitazioni in affitto (+3,7% annuo) e vivacizzato un mercato che sembrava languire da tempo, soprattutto nelle città di media grandezza e nelle periferie delle principali aree metropolitane. Questo è quanto emerge dall’analisi condotta nel periodo compreso tra novembre 2014 e novembre 2015. Molte famiglie in affitto hanno, inoltre, preferito cambiare zona a fronte di un canone più basso, altre maggiormente colpite dalla crisi hanno scelto di trasferirsi nell’hinterland lasciando molti immobili del centro-città a lungo sfitti per le richieste di canoni considerati troppo elevati dal mercato. Dalla difficoltà di affittare in centro questi appartamenti per lunghi periodi è partita l’offerta alternativa degli affitti brevi che hanno permesso al mercato di assorbire oltre l’80% della richiesta. Tuttavia, la discesa dei prezzi di vendita in rapporto agli affitti ha, di fatto, tenuto stabile il rendimento delle case nei centri storici e nelle aree di pregio (4,1% lordo annuo), mentre in periferia i rendimenti hanno superato il 5% annuo (sempre al lordo di tasse e spese). Per quanto riguarda il rapporto tra le richieste e le offerte si evidenzia che la differenza media fra il canone richiesto dai proprietari e quello atteso dai conduttori è di circa il 6,5%. A Milano e a Roma il divario è rispettivamente del 5,5% e del 7,7%, mentre Bari (con il 4,3%) è il capoluogo che registra il minor gap. Per quanto riguarda le principali aree metropolitane i canoni si stanno lentamente stabilizzando, anche se a livello di media nazionale si registra ancora un calo annuo del 3,2%. Bologna si distingue tra le grandi città che negli ultimi 12 mesi hanno mostrato i segnali più evidenti di risalita dei canoni e, a fine ottobre, vi è stato registrato un aumento di 2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nella prima parte del 2015 la crescita dell’offerta è stata più accentuata rispetto ai mesi autunnali, anche se si tratta di un fenomeno ciclico dovuto all’incremento delle case-vacanze. Il trend dei primi sei mesi dell’anno indicava una crescita media mensile dell’offerta superiore all’1%, mentre a partire da settembre la tendenza ha invece rallentato la sua velocità restando sotto l’1%. La domanda ha seguito un percorso incerto mostrando una notevole vivacità nei mesi estivi o tardo primaverili, mentre nei mesi invernali e in quelli autunnali si sta dimostrando stagnante rispetto al 2014. Come detto in apertura, un fenomeno particolare che funge da traino per il mercato, specie delle grandi città come Milano e Roma, è sicuramente quello degli affitti brevi, ovvero quel segmento di mercato composto da una domanda che cerca appartamenti in affitto per periodi – nel 90% dei casi mai superiori alla settimana – e di un’offerta che gravita nelle zone cittadine centrali e semicentrali.
L’INDAGINE SUI BILANCI DELLE FAMIGLIE ITALIANE NEL 2014 – BANCA D’ITALIA
Nel 2014 le famiglie italiane disponevano in media di una ricchezza netta, costituita dalla somma delle attività reali e delle attività finanziarie al netto delle passività finanziarie, di 218.000 euro; al contempo, data la forte asimmetria della distribuzione, il valore mediano (cioè il valore che separa il 50% delle famiglie più povere dal 50% delle più ricche), era notevolmente inferiore a quello medio e pari a 138.000 euro. La ricchezza netta detenuta dal 30% delle famiglie italiane più povere, in media pari a circa 7.000 euro, rappresenta meno dell’1% della ricchezza complessiva rilevata dall’IBF; il 30% delle famiglie più abbienti, con una ricchezza netta media attorno ai 540.000 euro, ne detiene invece circa il 75%. Per il 5% più ricco la ricchezza netta media è di circa 1.300.000 euro e rappresenta il 30% del patrimonio complessivo. La distribuzione della ricchezza netta familiare è determinata essenzialmente da quella delle attività reali, costituite da immobili, aziende e oggetti di valore. In particolare, il valore degli immobili rappresenta oltre i quattro quinti della ricchezza delle famiglie ed è preponderante in tutti i ventesimi della ricchezza, tranne che in quelli più bassi. Nel quinto più povero le attività reali sono solo di circa 3.000 euro in media per famiglia e il loro valore cresce progressivamente all’aumentare della classe di ricchezza, fino a circa 850.000 euro in media tra le famiglie dell’ultimo decimo di ricchezza netta; queste famiglie detengono anche la metà del complesso delle attività finanziarie, in media pari a 125.000 euro. Al contrario, le classi centrali della distribuzione posseggono valori di ricchezza finanziaria compresi tra 10.000 e 20.000 euro. Il valore medio delle passività finanziarie non è particolarmente difforme tra famiglie appartenenti a fasce diverse di ricchezza netta e risulta compreso tra i 5.000 e i 20.000 euro in media per famiglia. Tra il 2012 e il 2014 la ricchezza netta familiare media è scesa in termini reali dell’11%, mentre la mediana è diminuita solo del 3%. La diversa dinamica riflette la forte caduta della ricchezza netta delle famiglie più abbienti e nel quinto più alto è diminuita del 15%; questa diminuzione è sostanzialmente legata al calo del valore del patrimonio immobiliare, che riflette in misura ampia il peggioramento delle valutazioni unitarie. Per contro, il valore del patrimonio netto delle famiglie al di sotto della mediana della ricchezza è aumentato di circa il 4%, prevalentemente a causa della riduzione delle passività finanziarie (circa l’11%), dovuta sia alla riduzione dell’esposizione degli indebitati sia alla loro minor quota. Ne è derivata una forte riduzione della disuguaglianza: l’indice di Gini della ricchezza netta familiare è diminuito di 3 punti, rispetto al 64% del 2012. Negli ultimi venti anni i divari di ricchezza tra i più giovani e i più anziani, che riflettono anche il naturale processo di accumulazione dei risparmi lungo il ciclo di vita, si sono progressivamente ampliati: in termini reali, la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia di almeno 65 anni è aumentata di circa il 60%: il rapporto tra quest’ultima e quella dei più giovani è passato da meno dell’unità a oltre 3.
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