N°172 - Panorama di Economia Immobiliare - Marzo 2017

SubTitle: MUTUI

BANCHE E MONETA: SERIE NAZIONALI – BANCA D’ITALIA
In gennaio i prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, sono cresciuti dell’1,2% su base annua (1,1% nel mese precedente). I prestiti alle famiglie sono cresciuti del 2,2% (1,9% in dicembre), quelli alle società non finanziarie dello 0,9% (0,2% in dicembre). Il tasso di crescita delle sofferenze è stato pari al 4% su base annua (5,6% nel mese precedente). Quando si corregge tale tasso di crescita per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, analogamente a quanto si fa per i prestiti, risulta pari al 12,2% (12% in dicembre). I tassi d’interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, comprensivi delle spese accessorie, sono stati pari al 2,38% (2,32% nel mese precedente); quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo all’8,26%. I tassi d’interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono risultati pari all’1,56% (1,54% in dicembre); quelli sui nuovi prestiti di importo fino a 1 milione di euro sono stati pari al 2,28%, quelli sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia all’1,07%. Infine, i tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono rimasti stabili allo 0,41%.

RAPPORTO MENSILE: MARZO 2017 – ABI
A fine febbraio 2017 l'ammontare dei prestiti alla clientela erogati dalle banche operanti in Italia, 1.800,9 miliardi di euro è nettamente superiore, di quasi 101,5 miliardi, all'ammontare complessivo della raccolta da clientela, 1.699,4 miliardi di euro. Dai dati di febbraio 2017 emerge che i prestiti a famiglie e imprese sono in crescita su base annua del +1,8%, in accelerazione rispetto al +1,5% del mese precedente, rafforzando il miglioramento della dinamica complessiva del totale dei prestiti in essere. Tale evidenza emerge dalle stime basate sui dati pubblicati dalla Banca d’Italia relativi ai finanziamenti a famiglie e imprese (calcolati includendo i prestiti non rilevati nei bilanci bancari in quanto cartolarizzati e al netto delle variazioni delle consistenze non connesse con transazioni, ad esempio variazioni dovute a fluttuazioni del cambio, ad aggiustamenti di valore o a riclassificazioni). Sulla base degli ultimi dati ufficiali, relativi a gennaio 2017, si conferma la ripresa del mercato dei mutui, inizialmente colta con l’impennata dei nuovi mutui: l’ammontare totale dei mutui in essere delle famiglie ha registrato una variazione positiva di +1,9% rispetto a gennaio 2016 (quando già si manifestavano segnali di miglioramento); sempre a febbraio 2017, i tassi di interesse applicati sui prestiti alla clientela risultano stabili, su livelli molto bassi: il tasso medio sul totale dei prestiti è pari al 2,85%, minimo storico (2,87% il mese precedente e 6,18% prima della crisi, a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese ha registrato un nuovo minimo storico dell’1,45%, era l’1,56% il mese precedente (5,48% a fine 2007). Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato al 2,13%, (2,08% a gennaio 2017, 2,02% a dicembre 2016, minimo storico, e 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso. Le sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni già effettuate dalle banche con proprie risorse), a gennaio 2017 si sono ridotte a 77,8 miliardi di euro (il valore più basso da giugno 2014), in forte diminuzione rispetto al dato di dicembre 2016 (86,8 miliardi); in particolare, rispetto al picco di 89 miliardi toccato a novembre 2015 si registra una riduzione delle sofferenze nette di oltre il 12%. Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali si è ridotto al 4,45% a gennaio 2017 (era il 4,89% a fine 2016 e lo 0,86% prima della crisi). Il margine (spread), fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e società non finanziarie permane in Italia su livelli particolarmente bassi: a febbraio 2017 risultava pari a 186 punti base (187 punti base il mese precedente), in marcato calo dagli oltre 300 punti base di prima della crisi finanziaria (329 punti base a fine 2007); in media nel 2016 tale differenziale è risultato pari a 1,98 punti percentuali (2,12 punti percentuali nel 2015).

MAPPA DEL CREDITO DEGLI ITALIANI NELL’ANNO 2016 – CRIF
In un contesto di generalizzata ripresa della domanda di prestiti e mutui da parte delle famiglie, l’area di CRIF che si occupa dello sviluppo di soluzioni e strumenti educational per i consumatori ha prodotto uno studio strutturato e capillare sull’utilizzo del credito da parte degli italiani nell’intero anno 2016, partendo dall’analisi dei dati disponibili in EURISC. Dallo studio è emerso che a livello nazionale circa un terzo degli italiani, più precisamente il 34,6% del totale della popolazione maggiorenne (+1,8% rispetto alla rilevazione precedente), ha almeno un contratto di credito rateale attivo e, a livello pro-capite, mensilmente rimborsa rate per un importo pari a 360 euro. Inoltre, mediamente i soggetti attivi nel credito hanno un indebitamento residuo – inteso come somma degli importi pro-capite ancora da rimborsare in futuro per estinguere i contratti in essere – pari a 34.462 euro (+0,6%). Nell’analisi condotta al primo posto ci sono i prestiti finalizzati, ossia quei prestiti destinati all’acquisto di beni e servizi quali auto, moto, elettronica ed elettrodomestici, articoli di arredamento, viaggi, ecc. e tali operazioni di credito hanno un peso in termini di numerosità pari al 43,3% sul totale (-0,3%); al secondo posto si collocano i prestiti personali, che si legano alla rinnovata progettualità delle famiglie nel nuovo contesto di miglioramento del clima economico generale, con una incidenza pari al 33,9%; infine, c’è la componente dei mutui per acquisto di abitazioni, che si caratterizzano per una incidenza del 22,8% sul totale (in aumento del +3,1% rispetto alla precedente rilevazione). Da notare che la quota di popolazione con almeno un rapporto di credito attivo varia da regione a regione.


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