N°176 - Panorama di Economia Immobiliare - Maggio 2017
SubTitle: COMPRAVENDITE E LOCAZIONI
È la fotografia del patrimonio immobiliare italiano al 31 dicembre 2014 scattata dall’Agenzia delle Entrate e dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia, in collaborazione con il partner tecnologico Sogei, i cui dati sono riassunti nella sesta edizione del rapporto “Gli immobili in Italia”. Quasi 20 milioni di famiglie sono proprietarie della casa in cui abitano, il 77,4% del totale. L’abitazione nel 2014 vale in media circa 170 mila euro (1.450 €/mq), valore però in calo del 2,4% rispetto al 2013. Gli italiani proprietari di un appartamento sono oltre 25,7 milioni (dipendenti e pensionati nell’81,7% dei casi), mentre i locatari sono 4,7 milioni. La superficie media di un’abitazione è pari a mq 117. Oltre un miliardo di euro è l’ammontare delle agevolazioni fiscali erogate per quasi 3,7 milioni di interventi di ristrutturazioni, riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici effettuati nel 2014. Ipotizzando che ad ogni abitazione principale corrisponda una famiglia, nel 2014 in Italia il 77,4% delle famiglie risultano proprietarie dell’abitazione in cui risiedono. Questo dato è sensibilmente più elevato al Sud e nelle Isole (82,9%), prossimo al dato nazionale al Nord (75,3%), mentre è più basso al Centro (73,9%). Inoltre, il 62,6% delle abitazioni di proprietà delle persone fisiche sono utilizzate come abitazione principale, il 17,9% sono a disposizione (le cosiddette seconde case) e solo l’8,8% dello stock abitativo è dato in locazione; un ulteriore 2,8% è rappresentato dalle abitazioni date in uso gratuito a un proprio familiare. Nel 2014 il valore medio nazionale di un’abitazione si attesta intorno ai 170mila euro, con un valore unitario di 1.450 €/mq, in calo del 2,4% rispetto all’anno precedente. A livello regionale la variabilità è abbastanza sostenuta e va dai circa 285 mila euro in Trentino Alto Adige ai circa 82mila euro nel Molise. Nelle 12 maggiori città italiane con popolazione oltre i 250.000 abitanti, il valore medio delle abitazioni si è ridotto quasi ovunque, con un deciso calo a Torino (-11,4%), mentre le uniche variazioni positive si osservano a Milano (+4,5%) e, in maniera più contenuta, a Venezia (+0,9%). Per quanto riguarda invece le pertinenze, una cantina vale in media circa 6mila euro, mentre un box/posto auto vale circa 22mila euro. Nel 2014, dei 40,7 milioni di contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, oltre 25,7 milioni (il 63,2% del totale dei contribuenti), sono risultati proprietari di immobili o di quote immobiliari e i lavoratori dipendenti e i pensionati costituiscono l’81,7% dei proprietari; inoltre, più della metà dei proprietari risiede al Nord (50,7%), il 23,1% al Centro e il 26,2% al Sud e nelle Isole. Le donne proprietarie di abitazioni sono circa 886mila in meno degli uomini ma il valore delle loro abitazioni è maggiore, nonostante il reddito imponibile sia nettamente inferiore; in crescita sono, invece, i proprietari senza figli a carico, che rappresentano il 76,6% del totale; infine, i proprietari con età inferiore ai 35 anni rappresentano il 9% della popolazione, quelli con età superiore ai 65 anni sono il 32,6%, mentre quelli di età compresa fra i 35 e i 65 anni sono il 58,4%. Complessivamente, nel 2014 gli individui locatori di immobili, in Italia, sono 4,7 milioni, con un aumento di circa il 4,1% rispetto al 2012. Il canone annuo medio rimane invariato (circa 9,7mila euro). Il 34,9% dei locatori (quasi 1,7 milioni), ha un’età compresa tra 51 a 70 anni, seguono i proprietari con età compresa fra 31 e 50 anni (23,1%) e gli ultrasettantenni (22,2%), mentre i locatori con meno di 30 anni sono il 2,4% del totale. Nel 2013, gli immobili locati a uso abitativo assoggettati a tassazione ordinaria erano il 61% circa, quelli con cedolare secca ordinaria il 34% e quelli con cedolare secca ad aliquota ridotta il 5%. Dal 2016 il prelievo sugli immobili si è ridotto di 4,4 miliardi, di cui 3,6 miliardi riferibili all’abolizione della Tasi sulle abitazioni principali non di lusso; ne hanno beneficiato 19,5 milioni di contribuenti (per il 75% lavoratori dipendenti e pensionati), con un risparmio medio pro capite di 175 euro annui. L’Imu versata nel 2016 è pari a 18,8 miliardi e la Tasi sui servizi indivisibili a 1,1 miliardi, per un totale di 19,9 miliardi di euro di gettito complessivo Imu/Tasi. La composizione percentuale del gettito complessivo mostra che, nel 2016, del totale del prelievo sugli immobili circa il 48% delle entrate deriva dall’Imu e solo il 3% dalla Tasi, per effetto dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sulle abitazioni principali. Il gettito da imposte di natura reddituale è pari al 21% del totale ed è in gran parte attribuibile all’Irpef (14% del totale) e alla cedolare secca sulle locazioni abitative (5%), il cui gettito cresce di anno in anno. L’Iva sulle compravendite di immobili rappresenta il 13% delle entrate complessive, mentre le imposte di registro e bollo costituiscono il 7% del totale. Nel periodo 2005-2014 sono stati effettuati complessivamente 17,1 milioni di interventi per il recupero del patrimonio edilizio, con un ammontare di spesa totale pari a 94,3 miliardi di euro circa e una spesa media per opera pari a 5,5mila euro. In particolare, nell’anno di imposta 2014 i contribuenti che hanno riportato in dichiarazione spese per ristrutturazione edilizia sono 7,6 milioni e la detrazione media è pari a circa 542 euro per contribuente. Gli immobili su cui sono stati effettuati interventi di ristrutturazione sono 719,8mila e la spesa media maggiore (10,6mila euro), è sostenuta per gli immobili situati nei piccolissimi Comuni (fino a 5mila abitanti). Riguardo al genere, i contribuenti di genere maschile che hanno dichiarato lavori di ristrutturazione sono 4,4 milioni, mentre le donne solo 3,2 milioni. La spesa media è di 13,2mila euro per gli uomini e 11,3mila euro per le donne, mentre le detrazioni medie sono pari a 578 euro per gli uomini e 492 euro per le donne. Dal 2008 al 2014 sono stati effettuati 2,7 milioni di interventi di riqualificazione energetica, per una spesa totale pari a 19,3 miliardi di euro e una spesa media di 7,2mila euro. Il 61,7% dei soggetti che richiedono una detrazione sono di sesso maschile e spendono in media 11,4mila euro, contro i 9,2mila euro di spesa dei contribuenti di genere femminile; per entrambe le tipologie di bonus la distribuzione per classi di età evidenzia che il numero massimo di lavori è sostenuto da contribuenti con più di 60 anni. Da agosto 2013, data di introduzione dell’agevolazione fiscale, a dicembre 2014 sono stati effettuati oltre 45mila interventi relativi all’adozione di misure antisismiche e l’ammontare totale di spesa per questa categoria di opere è pari a oltre 300 milioni di euro con una spesa media di circa 6,7mila euro. Per questi interventi sono state richieste detrazioni per un importo totale pari a circa 19,7 milioni di euro, cui corrisponde un beneficio fiscale medio pari a 435 euro. I beneficiari sono, nella maggior parte dei casi, di genere maschile (61%) e spendono in media più delle donne (8,7mila euro, contro i 7,3mila euro circa spesi dalle donne), di conseguenza, beneficiano di una detrazione più elevata (568 euro contro i 476 euro per le donne). Con riferimento alla classe di età, il numero maggiore di beneficiari si registra nelle classi fra 30 e 45 anni e oltre 60 anni (rispettivamente 14,7mila e 12,8mila contribuenti).
RAPPORTO IMMOBILIARE NON RESIDENZIALE 2017 – AGENZIA DELLE ENTRATE E ASSILEA
Il mercato immobiliare non residenziale italiano torna a crescere, facendo registrare nel 2016 un deciso rialzo dei volumi di compravendita (+16,1%). È la prima volta da dieci anni a questa parte, che la crescita riguarda contemporaneamente tutti e tre i comparti: terziario (+12,5%), commerciale (+16,6%) e produttivo (+22,1%). Bene anche i contratti di leasing, che nel 2016 hanno proseguito la corsa, superando quota 480mila nuovi contratti stipulati; infatti, rispetto al 2015, il leasing è cresciuto del +16%. Il mercato dei capannoni, dopo il brusco calo del 2015, spicca il volo: +22,1% rispetto all’anno precedente, con 11.287 transazioni concluse nel corso del 2016. Dall’analisi del mercato sul territorio, la Lombardia si conferma la Regione di punta sia per la maggior presenza relativa di capannoni (19,5%), sia perché rappresenta da sola più di un quarto del mercato nazionale (il 27% del mercato); inoltre, la Lombardia è la Regione con la crescita più sostenuta (+19,6%). A seguire, le altre tre Regioni con un volume di scambi superiore alle 1.000 unità sono Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, che presentano tassi di crescita degni di nota, tutti compresi fra il 13% e il 20,3%. Tra le Regioni del Centro, la maggior quota di capannoni è in Toscana (6,7%), mentre nel Lazio la quota è pari al 5,1%; tra le Regioni del Sud, la Puglia e la Campania risultano quelle con il maggior peso sullo stock nazionale (rispettivamente il 5,6% e il 4,8%). Il 2016 rappresenta un anno estremamente positivo anche per le compravendite di negozi, che passano da 22.869 a 26.319 transazioni e segnano un +15,1%. Tra le Regioni che mostrano una buona performance, la Lombardia mostra anche nel 2016 un buon rialzo del mercato, registrando un +13,9%, mentre registrano rialzi prossimi o superiori al 20% Regioni come Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, Lazio, Puglia e Sicilia, tutte con quote di mercato comprese tra il 6,5% e il 10,5%. In termini di volumi scambiati nel 2016 si registra un incremento generale rispetto al 2015, con le uniche eccezioni delle città di Napoli, Verona e Bologna; il tasso più alto si è registrato a Catania (+42,1%), Genova (+25,6%) e Bari (+20,7%). Riprende quota anche il settore degli uffici e infatti, con 9.731 transazioni registrate nel 2016, il comparto torna a salire e, dopo dieci anni di cali consecutivi, la ripresa di questa fetta di mercato tocca vetta +12,3%. Le variazioni positive sono confermate in quasi tutte le aree del Nord-Ovest, in cui si concentra la quota maggiore (37% del totale nazionale), di transazioni di unità a destinazione uffici, che cresce del 17,5%. Molto positivi sono anche gli andamenti del Nord-Est, +14,8% e del Sud, +13%, mentre la crescita al Centro è più timida, +5%. Nel 2016 è Milano la città con la quota maggiore di scambi (918 unità compravendute, +8% rispetto al 2015) ma la città con maggior dinamica nel mercato degli uffici, in termini di quota percentuale di stock compravenduto, è ancora Firenze, 2,26%. A livello nazionale, la quotazione media annuale di riferimento, per unità di superficie, per gli uffici, risulta nel 2016 pari a 1.404 €/mq in diminuzione, -3,6%, rispetto al 2015. Anche nel 2016 il Lazio continua a essere la Regione con la quotazione media più elevata, con 2.125 €/mq anche se ancora in calo del 6,1% rispetto al 2015; notevoli diminuzioni delle quotazioni medie degli uffici anche in Piemonte, -6,2%, in Emilia Romagna e Marche, con cali oltre il 5%. Nel 2016 il valore di scambio stimato per i tre settori ammonta complessivamente a 15,6 miliardi di euro, +15,3% rispetto all’anno precedente, recuperando più di due miliardi e l’incremento rinsalda la ripresa del 2015, quando si era già recuperato valore per un miliardo di euro. Nel comparto del leasing immobiliare l’Italia rimane ampiamente il secondo mercato europeo, con 4 miliardi di finanziato, dopo la Francia (4,5 miliardi di stipulato) e avanti a Germania (1,7 mld) e Spagna (1,2 mld). Il comparto lo scorso anno ha visto una lieve crescita, anticipando la ripresa del settore delle costruzioni e questo trend è in linea con quello registrato in Europa, dove i dati provvisori pubblicati dalla Federazione Europea del Leasing (Leaseurope), testimoniano un +0,5% rispetto al 2016. A fronte della sostanziale stabilità dei volumi, nel 2016 si è registrato un incremento del 6,7% del numero dei contratti, pari a 4.257 unità e la migliore performance è stata nell’immobiliare da costruire di importo superiore ai 2,5 ml di euro. Il I quadrimestre del 2017, rispetto lo stesso periodo del 2016, mostra un +12,4% del numero e un +17,2% dello stipulato non residenziale costruito e da costruire; l’importo medio finanziato passa da circa 824mila euro a 859mila euro nel 2017. Da segnalare che la dinamica positiva, oltre che dalla performance del settore da costruire (+27,4% numero contratti e +25% valore), è trainata anche dal costruito, con +9,2% nel numero dei contratti e +12,4% in valore; cresce soprattutto il segmento da costruire big ticket (+27,8%) e il costruito di fascia d’importo compresa tra 0,5 e 2,5 milioni di euro (+28,6%). Un’importante penetrazione, soprattutto nel produttivo e nel terziario, si è registrata nel triennio 2014-2016 anche grazie alle semplificazioni fiscali introdotte dal Governo. Il dato consolidato del 2016 conferma il maggior presidio nelle Regioni del Centro-Nord ma, rispetto al 2015, si registra l’incremento di 2,8 pp in Molise e di 1,7 pp in Basilicata; netta diminuzione in Veneto, pari a 4,2 pp. Inoltre, nel I quadrimestre 2017 il leasing torna a crescere sia sugli investimenti sia sui finanziamenti destinati all’acquisizione di immobili non residenziali. Le sofferenze del leasing immobiliare si attestano introno al 7% del totale delle sofferenze bancarie delle imprese, ma presentano tassi di recupero superiori a quelli bancari. Infine, nel 2016 si velocizza il processo di ricolloco dei beni ripossessati, pur con tassi di recupero sul valore di vendita in flessione rispetto all’anno precedente e sono alte le opportunità di business in termini di rivendita di immobili ex-leasing che potranno essere ricollocati sul mercato.
VENTICINQUE ANNI DI MERCATO IMMOBILIARE IN ITALIA – SCENARI IMMOBILIARI
Dal punto di vista immobiliare i prezzi reali mostrano una curva in salita fino al 1992, mentre dal 1993 cominciano a scendere fino al 1998, quando si attestano su una media nazionale di 1.588 euro al metro quadro, contro i 2.149 euro al metro quadro del 1992. Le compravendite, invece, iniziano ad aumentare dopo alcuni anni di stabilità, prima in maniera modesta tra il ’96 e il ’99, poi in modo sempre crescente nel nuovo millennio. Il calo dei prezzi che si verifica nel 2008 è stato causato principalmente dal crollo del mercato immobiliare degli Usa e dal fallimento delle saving banks, che hanno affossato i mercati europei – non ultimo quello italiano – e, in questo frangente critico, si è quasi arrivati a toccare i livelli raggiunti durante il precedente periodo di decremento. A partire dal 1993 si possono distinguere quattro grandi fasi del mercato residenziale per i prezzi medi reali: fase di contrazione: 1993-1999 (-19,2%); fase di crescita: 2000-2007 (+32,6%); fase di contrazione: 2008-2015 (-24,1%); fase di crescita: dal 2017 in poi i prezzi medi reali in Italia continuano ancora il calo, ma a una velocità decisamente frenata. Nel 2016 la variazione annuale dei prezzi medi nominali si attesta allo 0,5% in meno dal 2015, -1,2% rispetto al 2000 in termini reali; nel 2017, invece, si stima una lieve ripresa (tra lo 0,3% e lo 0,8% rispetto al 2016). Roma e Milano dimostrano che, anche in tempi di recessione, le eccellenze rimangono incontrastate. Il flusso di transazioni più importante del secolo inizia proprio quando i prezzi tendono a risalire nel 2000 e prosegue per sette anni, toccando anche le 900mila compravendite nel 2003, fino all’avanzare della crisi economico-finanziaria nel 2010: in questi otto anni la dinamicità del mercato si aggira attorno ai trenta punti percentuali, segnando i valori più alti finora rilevati in Italia. Nel 1993 il volume delle transazioni registrato fu di 502mila compravendite, l’11% in meno delle 560mila previste per il 2017. In quell’anno si registrava che la maggioranza degli acquisti di abitazioni era rivolta a fornire un tetto ai propri figli e solo dopo veniva la spesa per la prima casa, mentre ora l’equazione si inverte. I primi anni del nuovo millennio si mostrano promettenti: crescita del prodotto mondiale elevata e stabile guidata dalle economie emergenti e, al contempo, bassa inflazione, sviluppo della finanza in condizioni di abbondante liquidità, con bassi tassi d’interesse; un’ampia e crescente disponibilità di credito e, di conseguenza, riduzione del costo dei mutui. Anche il mercato immobiliare registra una rapida scalata verso la vetta, con prezzi reali in aumento. E in ultimo, cresce notevolmente il numero di agenti immobiliari, che tra il 1993 e il 2017 aumenta del 127,3%; il periodo di discesa si è aperto con la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e ha portato, come conseguenza, un generale affossamento dei mercati europei; in un tale scenario non poteva che aumentare la disoccupazione, provocando una contrazione dei redditi e un blocco degli investimenti, che ha generato la recessione del mercato delle abitazioni. Si puntualizza che tale sconvolgimento finanziario ha avuto conseguenze più gravi in Italia, mentre l’Europa, e ancor più gli Usa, sono stati in grado di superarla più rapidamente. A partire dal 1993, il valore più basso in termini di compravendite è stato registrato nel 2013, con appena 410mila transazioni. I prezzi continuano il calo ancora oggi, ma ad una velocità decisamente frenata; solo in tempi recentissimi si può affermare di notare una ripartenza del mercato, dato che i prezzi hanno da poco fermato la loro discesa e le compravendite sono tornate ad aumentare. È alle porte un nuovo ciclo e una nuova fase di espansione, anche se più light di quelle precedenti; un incremento più deciso si è visto nel corso del 2016 e le stime per il 2017 sono di ulteriore incremento, con 560mila compravendite attese per la fine dell’anno. L’aumento dei prezzi reali delle abitazioni è legato alle pressioni demografiche e ai fenomeni di urbanizzazione avvenuti in un territorio limitato e sottoposto a vincoli via via più stringenti; il sorgere di abitazioni in aree periferiche, meno pregiate e più lontane dai centri e dalle risorse lì disponibili, ha innalzato la richiesta (e dunque il valore), delle abitazioni preesistenti costruite nelle aree centrali, facendo emergere significativi capital gains ma questo aumento genera problemi di disuguaglianza e rende più difficile acquistare un’abitazione per chi non ne possiede, come ad esempio i giovani. Tuttavia, l’elevata diffusione del possesso di abitazioni in Italia ridimensiona i rischi di insostenibilità delle tensioni sociali evocati dalla crescita del rapporto tra ricchezza e reddito e, iIn un Paese in cui la proprietà della casa è tanto diffusa, l’aumento del prezzo delle abitazioni tende ad avere l’effetto di livellare le disuguaglianze di censo. Quello che si aggrava è il problema abitativo di chi non possiede una casa e ambisce ad acquistarne una, un problema che riguarda oggi meno del 20% della popolazione, ma sono soprattutto giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni ed è una questione centrale in Italia: i Millennials rappresentano il 16,4% dei cittadini italiani, la percentuale più bassa tra i Paesi dell’Unione europea e la fotografia attuale della popolazione nazionale mostra un Paese invecchiato. L’Italia, dagli anni settanta del secolo scorso, è una delle nazioni con il più alto tasso di proprietari di immobili e il mito del mattone stenta ad essere dimenticato per cui molte famiglie sono disposte ad attingere ai propri risparmi per poter permettere ai figli di acquistare una casa: una sicurezza indiscussa e riuscire a comprare una casa è il sogno di tutti i giovani, anche se attualmente poco realizzabile. Le quotazioni del settore terziario/uffici mostrano un incremento, in misura ridotta a livello nazionale e, in modo più consistente, nelle top location di Roma e Milano, con particolare attenzione ai business district. Rispetto al 1993 i metri quadri scambiati mostrano una contrazione del 3,8%, mentre i prezzi nominali salgono del 6,9% in Italia, del 25% a Roma e del 40% circa a Milano nelle zone semicentrali, dove i prezzi medi nominali passano da 2.550 euro/mq a 3.550 euro/mq. Considerando il valore dei prezzi al netto dell’inflazione, è sempre Milano a reggere meglio, con il 13% in meno rispetto al ’93, mentre la Capitale perde il 22% e l’Italia il 35%. Negli ultimi anni sono nati anche mercati immobiliari nuovi; i fondi immobiliari, insieme a Siiq e società quotate, hanno un patrimonio immobiliare di circa sessanta miliardi di euro, in cui i fondi riservati restano preponderanti con l’82,1% del totale. In linea con quanto accade negli altri Paesi europei, il settore dei fondi immobiliari conferma la ripresa dei mercati immobiliari e ne rappresenta un motore importante. Al momento si contano rendimenti interessanti, soprattutto da locazioni commerciali e di uffici: sono ritorni molto competitivi rispetto a quello che si può ottenere oggi nel mondo obbligazionario, grazie anche ai tassi molto bassi. Venticinque anni fa il mercato immobiliare rappresentava meno dell’uno per cento del mercato azionario italiano e non c’erano i fondi. Chi possiede grandi patrimoni punta a strumenti alternativi che diano una buona redditività: l’investimento nell’immobiliare è per questa categoria di investitori un prodotto finanziario con grandi potenzialità. In particolare, si è realizzato ciò che un quarto di secolo fa era solo un’intuizione; oggi si punta a mercati alternativi come quello delle Rsa e dello student housing; già nel 1993 il 63,3% degli anziani dichiarava di voler vivere in una residenza sanitaria, oggi in Italia si contano 320mila posti letto nel settore per un miliardo di valore complessivo degli investimenti, ovvero l’1,9% degli investimenti in immobili. Il settore delle residenze per studenti ha fatto passi avanti ma è sempre ridotta, oggi come allora (15% su 400mila studenti fuori sede), la percentuale di fuori sede che può sfruttare questo tipo di servizio. Sulla scia dei fondi immobiliari si registra un aumento d’interesse degli investitori mondiali per l’Italia (inesistenti nel 1993), favorita da rendimenti competitivi e da un’economia in sviluppo. Anche il mercato delle sofferenze è un elemento nuovo rispetto al 1993, sviluppatosi negli ultimi anni, dopo la grande crisi del 2008, e che conta 198miliardi di euro di valore totale dei crediti deteriorati, per i quali si sta sviluppando un mercato di servicer e master servicer che si occupino del loro smaltimento.
PREZZI, CANONI E RENDIMENTI IMMOBILIARI – TECNOCASA
L’analisi dei rendimenti delle abitazioni nelle principali città italiane rileva che il rendimento annuo lordo nelle grandi città italiane si è attestato intorno al 4,8%, in crescita dello 0,1% rispetto a un anno fa. Tecnocasa ha messo a confronto le dinamiche di crescita dei prezzi degli immobili, dei canoni di locazione e dei rendimenti, nel periodo che va dal 2004 al II semestre 2016 e l’analisi è stata effettuata nelle grandi città italiane. La curva dei prezzi è stata calcolata facendo riferimento alle variazioni degli immobili per quanto riguarda il compravenduto della tipologia medio usato (immobili con caratteristiche e finiture non di particolare pregio ma neppure economiche e con più di 10 anni di età). L’andamento delle variazioni dei canoni di locazione nel tempo è stato elaborato sul bilocale. Tra le grandi città quelle che hanno il rendimento annuo lordo da locazione più elevato sono Verona (5,9%) e Palermo (5,4%).
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