N°179 - Panorama di Economia Immobiliare - Luglio 2017

SubTitle: COMPRAVENDITE E LOCAZIONI

INDICE DEI PREZZI DELLE ABITAZIONI – ISTAT
Nel I trimestre 2017, sulla base delle stime preliminari, i prezzi delle abitazioni registrano una variazione nulla rispetto al trimestre precedente; la stabilità dei prezzi a livello congiunturale si deve all’incremento di quelli delle abitazioni esistenti (+0,2%) che, avendo un peso preponderante nel calcolo dell’Ipab, compensano la diminuzione dei prezzi delle abitazioni nuove (-1,2%). Su base annua si registra un lieve calo dei prezzi (-0,1%), in attenuazione dal -0,3% del trimestre precedente. A spiegare questo andamento contribuisce unicamente la dinamica dei prezzi delle abitazioni nuove che si riducono dello 0,4%, registrando un’inversione di tendenza rispetto al trimestre precedente quando erano risultati in crescita (+0,5%), mentre quelli delle abitazioni esistenti rimangono stabili (da -0,5% del trimestre precedente), dopo più di cinque anni di variazioni trimestrali tendenziali negative. Pertanto, il differenziale tra la variazione tendenziale dei prezzi delle abitazioni esistenti e quella dei prezzi delle abitazioni nuove torna a essere nuovamente positivo, attestandosi a +0,4 punti percentuali (da -1). Rispetto alla media del 2010, primo anno per il quale è disponibile la serie storica dell’Ipab, nel I trimestre 2017 i prezzi delle abitazioni sono diminuiti del 14,9% (-2,6% le abitazioni nuove; -19,9% le esistenti). Sebbene appaia ormai terminata la fase di calo iniziata nel 2012, i prezzi delle abitazioni continuano a non manifestare segnali di ripresa. Il lieve calo dei prezzi delle abitazioni si manifesta contestualmente alla crescita dei volumi di compravendita per il settore residenziale: secondo i dati rilasciati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate, nel I trimestre 2017 il numero di unità immobiliari residenziali scambiate aumenta dell’8,6% rispetto allo stesso trimestre del 2016 (dopo il +12,8% registrato nel trimestre precedente). Come ogni anno, in occasione del rilascio degli indici del I trimestre sono aggiornati, sulla base delle abitazioni compravendute, i pesi con i quali le abitazioni nuove e quelle esistenti contribuiscono al calcolo dell’Ipab. Il dato del 2017 (basato sui valori 2016), conferma una tendenza già in atto negli anni passati, che ha visto il progressivo ridimensionamento del peso delle abitazioni nuove passate dal 33,99% al 19,15% dell’anno in corso. Il presente comunicato, oltre alle stime preliminari degli indici dei prezzi delle abitazioni per il I trimestre 2017, fornisce quelle definitive relative al IV trimestre 2016. Infatti, al momento della prima diffusione, circa 95 giorni dopo la fine del trimestre di riferimento, non sono ancora disponibili tutti gli atti di compravendita del trimestre e gli indici sono pertanto provvisori. Con riferimento al IV trimestre 2016 va tenuto conto che gli indici definitivi sono in base di riferimento 2015, mentre quelli provvisori erano in base di riferimento 2010. Dal momento che le variazioni percentuali sono elaborate a partire da indici arrotondati alla prima cifra decimale, il passaggio alla nuova base di riferimento può avere contribuito, per ragioni algebriche, alla loro revisione.

DATI STATISTICI NOTARILI (DSN) 2016 – CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO
Nel 2016 sul totale delle compravendite di fabbricati analizzate pari a 632.513, circa il 50% hanno riguardato abitazioni con richiesta di agevolazioni prima casa. Di tali compravendite, solo circa il 3% dei fabbricati sono stati trasferiti in nuda proprietà e la concessione del diritto di usufrutto ha riguardato l’1.4%. La ripartizione geografica predilige il Nord, dove si effettuano il 56% del totale delle compravendite in Italia, segue il Centro con il 18,2% e il Sud e Isole con il 25,8%. In particolare, la Lombardia è la regione in cui sono stati scambiati più immobili nel 2016, seguita da Lazio, Veneto e Piemonte, mentre regioni con numeri minori di atti per numero di abitanti risultano essere la Calabria, la Sicilia e il Molise. Il 51,4% di fabbricati è acquistato da uomini e il 48,6 % da donne, con oltre il 50% degli acquisti di immobile effettuati nella fascia di età 18-45 anni.

OSSERVATORIO SUL MERCATO IMMOBILIARE – NOMISMA
Secondo l'Osservatorio nel 2017 il tasso di crescita delle compravendite sarà più contenuto (+6,2%), rispetto al risultato a doppia cifra registrato nel 2016 (+18,4%). I prezzi andranno verso la stabilità, mentre la debolezza reddituale di buona parte delle famiglie italiane (quasi il 40% di chi intende chiedere un mutuo vanta un reddito familiare netto inferiore a 1.800 euro mensili), rende impossibile il concretizzarsi di una quota significativa del mercato potenziale. Inoltre, i crediti deteriorati rappresentano un elemento di criticità nella tenuta complessiva del Paese e il processo di dismissione degli Npl non sarà privo di conseguenze rispetto alla percezione di ricchezza dei proprietari, in particolare se l’urgenza imponesse svalutazioni via via più consistenti; infatti, l’arrivo sul mercato al dettaglio di un’ingente mole di cespiti rivenenti da contenzioso deprimerebbe le prospettive di risalita dei valori immobiliari. La ritrovata vigoria sul fronte transattivo rilevata anche nei primi mesi del 2017 non pare sufficiente a conferire alla ripresa in atto quei connotati di robustezza necessari a scongiurare brusche battute d’arresto o improvvisi rovesci. Alla risalita del mercato ha senz’altro concorso il ridimensionamento dei prezzi: i valori hanno segnato una flessione del 23,8% nel settore residenziale, del 25,8% nel comparto direzionale e del 21,4% in quello commerciale. Una situazione più articolata si presenta sul fronte corporate, dove alle difficoltà degli immobili secondari fa riscontro l’ottima performance di quelli prime, resa possibile anche dalle cospicue disponibilità finanziarie degli investitori istituzionali stranieri; inoltre, la movimentazione degli immobili secondari risulta tuttora del tutto insufficiente a garantire il pieno assorbimento dell’offerta di molti dei veicoli finanziari ormai prossimi a scadenza. A fronte di una fragilità della domanda sul fronte residenziale e di una inadeguatezza di una quota consistente dell’offerta sul fronte corporate non deve stupire la prospettiva di sostanziale stagnazione dei prezzi che scaturisce a esito di spinte contrapposte. Nel dettaglio, il mercato immobiliare italiano nel 2016 ha visto il perfezionamento di poco più di 2,3 milioni di contratti di acquisto e locazione sottoscritti da famiglie e imprese e la famiglia è il soggetto economico che più ha contribuito ad alimentare il mercato: ad essa sono riconducibili 1,9 milioni contratti, con un’incidenza dell’82% sul totale. Sul versante locativo, i contratti hanno riguardato 1,7 milioni di immobili, di cui il 79% ad uso abitativo; le abitazioni oggetto di contratto d’affitto nel 2016 sono state 1,3 milioni, con un’incidenza del 5,6% sullo stock potenzialmente locabile. È Bologna la città che presenta la maggiore vivacità in termini di turnover dello stock abitativo in affitto, seguita da Firenze, Milano e Torino; all’opposto si collocano Napoli e poco sopra Palermo e Genova; infine, Roma si presenta allineata rispetto alla media degli 8 mercati maggiori (10%). Sul fronte del mercato della proprietà, nel 2016 si è registrata un’impennata delle transazioni del 18,8%, che va così a rafforzare la crescita dei due anni precedenti (+5,9% nel 2015 e +3,5% nel 2014); nel 2016 le compravendite sono state 516.294 per le abitazioni (escluse le pertinenze) e 51.919 per gli immobili destinati alle attività terziarie, commerciali e produttive. Rispetto agli anni pre-crisi il segmento degli immobili d’impresa fatica maggiormente a rilanciarsi. Nei primi mesi del 2017 si riscontra un rallentamento della ripresa delle compravendite sia di abitazioni (variazione tendenziale annua +8,6%), che di immobili d’impresa (variazione tendenziale annua +13,4%), nonostante l’exploit del settore terziario (19,2%), soprattutto in corrispondenza degli 8 maggiori mercati monitorati dall’Agenzia delle Entrate (incremento medio 23,3%). Se si osservano le performance delle sole compravendite residenziali, i mercati urbani più dinamici, a consuntivo del 2016 e del successivo I trimestre dell’anno in corso, sono Genova e Milano, mentre Torino e Bologna vedono un rallentamento. Sul fronte commerciale si conferma la vivacità di Genova e Milano mentre Bologna manifesta una lenta ripresa. A seguito di un’indagine condotta da Nomisma su un campione rappresentativo di famiglie italiane, si evidenzia un sostanziale congelamento delle intenzioni d’acquisto di abitazioni sugli stessi livelli dello scorso anno e si stima per il 2017 un tasso di crescita delle compravendite più contenuto (+6,2%), rispetto al risultato a doppia cifra registrato nel 2016 (+18,4%). Passando ai tempi medi di vendita, la contrazione in atto rappresenta un fenomeno iniziato debolmente nel 2014 per le abitazioni e nel 2015 per negozi e uffici, poi consolidatosi; tra i mercati nei quali la velocità di assorbimento è migliorata in misura più marcata e trasversale – residenziale e non – si segnalano Bologna, Milano e Venezia. Passando ai tempi medi di locazione, il recupero dei livelli pre-crisi è un fatto spesso acquisito. Inoltre, la riduzione dello sconto praticato in fase di trattativa, a partire dal 2014, delinea un quadro di maggiore favore per la ripresa in atto nel mercato immobiliare, nonostante il divario dei valori tra inizio e fine trattativa si attesti ancora su livelli piuttosto elevati (in media superiori di 3,5-4,5 punti percentuali rispetto al periodo pre-crisi). Nel 2017 è proseguita anche la tendenza alla correzione delle attese al momento dell’immissione sul mercato, mentre si è contestualmente ridotta la capacità della domanda di spuntare un prezzo più basso in fase negoziale. Nel segmento delle abitazioni nuove si registrano variazioni positive dei prezzi – seppur modeste – nelle zone di pregio e nei centri di Bologna, Firenze e Milano; per le abitazioni usate i prodromi di una timida fase espansiva si sono registrati nelle zone di pregio di Milano e Napoli; per gli uffici l’unica inversione di segno si riscontra nei prezzi registrati in centro a Firenze, mentre per i negozi analoghe tendenze si segnalano in corrispondenza dei mercati centrali di Cagliari, Milano, Roma e Venezia Laguna. I canoni medi di locazione presentano un’evoluzione positiva in corrispondenza del residenziale di Milano e Roma (con variazioni nell’ultimo semestre pressoché nulle) e del commerciale di Torino. Infine, considerando l’indice di performance immobiliare dei maggiori mercati italiani, nella prima metà del 2017 l’indice medio ha continuato a recuperare posizioni, facendo segnare per le abitazioni valori ormai prossimi allo zero. Le differenze rispetto all’andamento medio, visibili tra i mercati monitorati, sono espressione dell’attuale fase di transizione ciclica che vede accentuarsi le differenze tra mercati e quelle interne ad essi.

RAPPORTO 2017 IMMIGRATI E CASA – SCENARI IMMOBILIARI
Sono circa cinque milioni gli stranieri regolarmente residenti in Italia secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2016, lo 0,2% in più rispetto all’anno precedente, circa il 46% in più rispetto al 2008 e per molti la casa, insieme al lavoro, rappresenta l'obiettivo principale da conseguire per poter restare nel Paese. Secondo la stima sulla condizione abitativa degli immigrati il 64,7% vive in affitto, mentre l’8,9% abita presso il luogo di lavoro e il 7,3% alloggia presso parenti o altri connazionali. Si sottolinea che il 19,1% vive in una casa di proprietà ma si lamenta la mancanza di una politica di affitto sociale promossa dalla Pubblica amministrazione che riesca a fornire l’assistenza necessaria alle fasce più basse di reddito che non sono in grado di accedere al mutuo. Una valida alternativa si va costituendo da pochi anni a questa parte con l’edilizia sociale di iniziativa privata rivolta proprio a un mercato in espansione come forma di diversificazione degli investimenti e il settore è già radicato all’estero e si sta affacciando recentemente in Italia. L’acquisto di un'abitazione rappresenta per il lavoratore immigrato non solo l’uscita dall’incertezza dell’affitto ma anche la possibilità di una maggiore integrazione (agevolando il ricongiungimento familiare), oltre che un vero e proprio investimento (a parità di spesa mensile con il canone) ma, soprattutto, un traguardo sociale oltre che strettamente economico. Negli ultimi dieci anni sono stati circa 800mila gli acquisti di abitazione che hanno avuto come compratore un lavoratore straniero immigrato ma con trend calante a partire dal 2009 e solo a partire dal 2016 si è registrano un ritorno in campo positivo delle transazioni, in sintonia con l’andamento del mercato residenziale italiano. Le famiglie straniere rappresentano una realtà sempre più consolidata nel mercato residenziale italiano: dal 2004 al 2007 le compravendite di case degli immigrati sono cresciute sia in termini assoluti che relativi, mantenendo quote, sul mercato residenziale nazionale, tra il 12,6% del 2004 e il 17% del 2007; questa situazione di grande fermento è stata aiutata dalla facilità di accesso al credito bancario, con finanziamenti che arrivavano a coprire tra il 90% e il 100% della cifra d’acquisto; a partire dal 2008, a causa della crisi economica e della contrazione del credito, gli acquisti degli immigrati hanno perso progressivamente peso sul volume complessivo degli scambi arrivando, nel 2010, a rappresentarne solo il 9%; nel 2011 il trend si è invertito e agli stranieri è possibile attribuire il 10,5% degli scambi residenziali in Italia: i lavoratori immigrati hanno acquistato circa quattromila case in più rispetto all'anno precedente; la leggera ripresa avvertita nel 2011 si è però bloccata nel 2012 e le transazioni in quell’anno sono diminuite del 21,7% rispetto al 2011, con 47mila unità oggetto di compravendita e il fatturato scende a 4,7 miliardi di euro, con una diminuzione del 24,2% in un anno. A determinare questa forte contrazione sono soprattutto le difficoltà di accesso al credito, un iter che è difficile per gli italiani ma diventa quasi insormontabile per gli stranieri, che raramente hanno il 50% del prezzo in contanti necessario per l'acquisto; inoltre, non sempre ci sono sufficienti garanzie per il pagamento del mutuo anche perché, nella realtà, è spesso il nucleo familiare che aiuta chi ha sottoscritto il prestito. Nel 2015, dopo tre anni di costante calo, si è registrato un aumento dell’8,3% delle transazioni, che è proseguito nel 2016 con il 7,7% in più, ovvero 42mila transazioni per un fatturato totale di 3,7 miliardi di euro, incrementato di 5,7 punti percentuali rispetto all’anno precedente; la casa media, in questo frangente, ha un valore di 88mila euro. Tuttavia, è ancora in calo la percentuale di incidenza delle compravendite di stranieri immigrati sul totale di quelle effettuate in Italia e dal 10,5% del 2011 il valore è calato costantemente fino ad arrivare a rappresentare l’8,1% delle compravendite totali. Secondo le stime a fine anno le compravendite nel 2017 dovrebbero continuare il trend positivo, arrivando a 45mila transazioni, cioè il 7,1% in più rispetto al 2016 e un fatturato di 4 miliardi di euro che segna un incremento dell’8,1%. La quota del comparto sul residenziale totale italiano dovrebbe rimanere sostanzialmente stabile. I protagonisti assoluti degli acquisti sono i lavoratori immigrati di lunga residenza, con alle spalle almeno una decina d’anni di soggiorno in Italia e una situazione lavorativa stabile già da qualche anno, che permetta loro di accedere a una forma di finanziamento e abbandonare la precarietà dell’affitto. Oltre la metà degli scambi nel 2016 è stata effettuata da immigrati di provenienza Est-europea, il cui ruolo crescente sul mercato degli acquisti è sostenuto dalla crescente integrazione di queste nazionalità; seguono gli asiatici dell’area indiana (India e Pakistan), che ricoprono il 13,1% degli scambi, mentre i cinesi si aggiudicano il terzo posto con il 12,9%; infine, è in calo la quota di abitazioni acquistate da cittadini immigrati dai Paesi del Nord Africa che dal 14% del 2006 scendono ad appena il 5% del 2016. Vista la composizione dei flussi migratori degli ultimi anni si può stimare un aumento della quota di acquisti da parte degli immigrati provenienti dall’Europa orientale, che salirà quasi ai due terzi del totale. Le case acquistate sono nell’87% dei casi appartamenti in condominio in contesti residenziali di tipo economico, con uno stato di conservazione discreto, specie quando si parla di acquisto di prima casa, mentre la qualità dell’immobile migliora in caso di sostituzione. La forbice dei prezzi va da 75mila a 130mila euro. I tagli più frequenti sono i bilocali e i trilocali con prevalenza, negli ultimi due anni, dei primi sui secondi. Continua a esserci una buona domanda per case di dimensioni comprese fra 75 e 100 metri quadrati, ma soltanto un acquisto su cinque rientra in questa fascia. La superficie media acquistata, a livello nazionale, è passata da 46 metri quadrati nel 2012 a 49 metri quadrati nel 2016. Gli acquisti sono localizzati prevalentemente fuori dalle città (55,3%), secondo un trend che si è consolidato dal 2006 coinvolgendo anche i comuni più periferici, caratterizzati da un’offerta di usato più abbondante e a basso costo. Per quando riguarda i comuni capoluogo di provincia si nota che dal 2011 si sta uscendo da una situazione di ghettizzazione precedentemente diffusasi, soprattutto nelle grandi metropoli ma, anche se si continuano a preferire le periferie, una quota crescente di immigrati orienta la scelta della localizzazione dell’immobile verso il centro cittadino mentre sono meno gettonate le zone intermedie. Relativamente alla distribuzione sul territorio nazionale, al Nord è localizzato il 71% degli acquisti (in testa la Lombardia, che ricopre quasi un quinto del mercato), al Centro il 25%, mentre soltanto il 4% è localizzato al Sud e nelle Isole. Le dieci Province dove si concentra il maggior numero di acquisti sono Milano, Roma, Bari, Torino, Prato, Brescia, Cremona, Vicenza, Ragusa, Modena e Treviso. L'ultima indagine è stata effettuata a inizio 2017 estrapolando i dati dalle interviste telefoniche e sondaggi online che hanno coinvolto un campione di 450 agenzie immobiliari dislocate in dieci province rappresentative del territorio nazionale. Gli agenti immobiliari intervistati riferiscono che nell’ultimo anno la domanda presso di loro è stata in prevalenza orientata alla ricerca di un alloggio in affitto ma che anche questa soluzione comporta problematiche notevoli che vanno dalla difficoltà di reperimento degli alloggi (a causa dei pregiudizi ma, soprattutto, a causa della mancanza di tipologie che soddisfino le esigenze della domanda), ai canoni elevati (per gli immigrati spesso ritoccati verso l’alto), ai contratti irregolari, alla scarsa qualità degli immobili e anche alla difficoltà ad avere garanzie come la fidejussione. Una domanda d’acquisto da parte delle famiglie straniere esiste ed è stimata in almeno 1 milione di persone che, in affitto o coabitazione, avrebbe un reddito sufficiente per pagare un mutuo tra i 600 e gli 800 euro mensili, a fronte di una scarsa disponibilità di risparmi.

RALLENTA ANCORA LA DISCESA DEI PREZZI DEGLI IMMOBILI RESIDENZIALI – IMMOBILIARE.IT
Per la seconda rilevazione consecutiva il calo dei prezzi degli immobili residenziali in Italia è da record: il -1,1% registrato nei primi sei mesi del 2017 è la nuova riduzione più contenuta degli ultimi tre anni. Confrontando lo scorso giugno allo stesso mese del 2016 i prezzi risultano scesi del 2,3% ma, rispetto a marzo 2017, il valore, in calo di appena lo 0,6%, rivela una solidità del mercato sempre più vicina. A giugno 2017 il prezzo delle abitazioni italiane è stato pari a 1.918 euro al metro quadro, valore che però varia nelle tre diverse aree del Paese: nonostante un’oscillazione semestrale più ampia (-1,5%), rispetto alla media nazionale, il Centro è sempre la zona più cara con prezzi medi pari a 2.305 euro al metro quadro; al Nord la stabilità del mercato è più vicina che altrove e qui la cifra di 1.938 euro al metro quadro è il risultato di un calo di appena lo 0,7% nell’ultimo semestre ed è stato ancora più ridotto quello degli ultimi tre mesi (-0,4%); il I semestre si chiude per il Sud con un -1,4% dei prezzi immobiliari e la cifra media richiesta è stata di 1.606 euro al metro quadro. Se per i costi rimane molto ampia la forbice dei valori nei piccoli e grandi centri del Paese, osservando l’andamento dei prezzi delle abitazioni le oscillazioni sono molto vicine fra loro: nelle città italiane con più di 250mila abitanti il prezzo medio, a giugno, è stato pari a 2.549 euro al metro quadro, contro i 1.671 dei centri più piccoli e negli ultimi sei mesi l’oscillazione dei valori è stata pari rispettivamente al -1,2% e al -1,3%. La prima parte del 2017 ha confermato quello che ci si aspettava dall’andamento del mercato immobiliare residenziale, con un aumento costante delle compravendite e i prezzi delle abitazioni che lentamente si stanno avvicinando alla stabilità. Il ritorno di interesse da parte degli investitori del mattone verso l’Italia ha portato a un’accelerata della ripresa nelle città più ambite come Firenze, Milano, Venezia e Bologna, dove i costi per gli acquisti di abitazioni risultano già in crescita; Firenze rimane il capoluogo di regione più caro in Italia con una media dei prezzi richiesti pari a 3.447 euro al metro quadro e, come nell’Osservatorio relativo al 2016, anche nella prima parte del 2017 i prezzi delle case fiorentine risultano in aumento (+0,6% su base semestrale); i costi del residenziale tornano a crescere anche a Milano, seppur di poco (+0,2% nei primi sei mesi del 2017) e il capoluogo lombardo rimane ancora terzo con i suoi 3.221 euro al metro quadro ma accorcia le distanze nei confronti della seconda in classifica che è Roma, con una media di 3.265 euro al metro quadro, infatti nella Capitale i prezzi degli immobili residenziali sono ancora in calo e hanno perso l’1,9% nel I semestre 2017 e il 3,4% nell’ultimo anno. Di contro, nonostante i valori siano mediamente stabili e abbiano perso solo lo 0,6% nell’ultimo semestre, Catanzaro è ancora il capoluogo di regione più economico, con una media di 1.123 euro al metro quadro; ancora più prossimi alla stabilità i costi medi necessari per l’acquisto di un immobile a Campobasso, dove si pagano mediamente 1.179 euro al metro quadro, cifra in calo dello 0,1% nel I semestre 2017; scendono in modo evidente i prezzi delle case a Perugia e, dopo un calo del 3,3% nei primi sei mesi dell’anno, la cifra media richiesta nel capoluogo umbro, pari a 1.247 euro al metro quadro, è la terza più economica fra i capoluoghi di regione. Le migliori performance del mercato residenziale, oltre che nelle già citate Firenze e Milano, si sono registrate a sorpresa anche a Potenza, dove negli ultimi sei mesi i valori risultano in aumento del 5,6%; infine, confrontando giugno 2017 con dicembre 2016, i prezzi delle abitazioni sono saliti dell’1,9% a Venezia e dell’1,6% a Bologna.

RAPPORTO SEMESTRALE SULLE ASTE IMMOBILIARI – SOGEEA
Secondo il Rapporto il numero delle case all’asta in Italia è diminuito del 31% in sei mesi e le procedure in corso sono infatti 22.969, a fronte delle 33.304 rilevate lo scorso gennaio, un’inversione di tendenza inattesa che interrompe la crescita registrata nelle due precedenti rilevazioni: +5% nel luglio 2016, +10% a inizio 2017. Il calo ha riguardato tutte le fasce di prezzo degli immobili: -33% di quelli fino a 100.000 euro; -15% di quelli compresi tra 500.000 e 1 milione di euro e -41% di quelli con un valore oltre i 3 milioni di euro. A trascinare il crollo del dato sulle abitazioni finite in vendita forzata è stato il Nord del Paese, passato da 15.749 a 8.817 procedure (-44%) e l’Italia settentrionale, che solitamente rappresentava poco meno della metà degli immobili in vendita, vede la sua quota scendere fino al 38% ma conserva comunque una preminenza rispetto alle altre macroregioni. Assai consistente anche la riduzione verificatasi nel Mezzogiorno (4.766 gli immobili attualmente interessati, -34%), mentre più contenuta è stata la flessione delle regioni centrali (-17%). Maggiori sofferenze, invece, permangono nelle Isole: in Sicilia e Sardegna il fenomeno si è addirittura accentuato, seppur in modeste proporzioni (4.503 case all’asta contro le 4.483 di sei mesi fa). Circa un quinto degli immobili, pari a 4.438 unità, è situato in Lombardia, a seguire ci sono Sicilia (3.875) e Lazio (2.578), entrambe in controtendenza rispetto al dato complessivo avendo fatto registrare una crescita rispettivamente dell’8% e del 6%. A livello di province, invece, spiccano le 1.464 abitazioni in vendita forzata a Roma, seguita da Bergamo (1.336), Catania (1.111), Palermo (1.076) e Brescia (1.000). Il quadro è meno preoccupante rispetto a quello di sei mesi fa, anche se il numero delle persone che vive il dramma di una casa posta in vendita forzata rimane consistente. Sulla drastica diminuzione del dato possono avere inciso almeno un paio di fattori: da una parte, il recepimento delle agevolazioni fiscali per le compravendite di questo tipo che hanno fatto in modo che le operazioni con esito positivo siano evidentemente aumentate in numero assoluto e si siano svolte con maggiore rapidità; dall’altra, il consolidamento della tendenza da parte degli istituti di credito ad attenuare l’irruenza nei confronti di chi si trova in una situazione di sofferenza finanziaria e questo è dovuto a considerazioni di tipo strettamente contabile, visto che in media il valore delle abitazioni è nettamente calato rispetto all’anno di concessione del mutuo e, di conseguenza, un’asta non consentirebbe comunque al creditore di rientrare dei capitali erogati. Più rischioso spingersi sul terreno di previsioni ottimistiche riguardo alla situazione macroeconomica del Paese, soprattutto perché, essendo il mercato delle aste la fotografia di una situazione di precarietà venutasi a creare negli anni, non è azzardato ipotizzare che la perdurante stagnazione di medio-lungo periodo possa tornare ad accentuare il fenomeno nel prossimo futuro, tornando ancora una volta a numeri più alti. Tra l’altro, non può passare sotto silenzio che realtà storicamente più solide nel panorama economico nazionale viaggino in controtendenza rispetto al dato complessivo: il +49% della Valle d’Aosta o il +16% del Friuli-Venezia Giulia rispetto allo scorso gennaio non possono non far riflettere. Altro dato assai indicativo è quello che conferma, ancora una volta, come sia sempre la fascia di reddito medio-basso a pagare il tributo più rilevante alla crisi decennale del Paese: il 66% delle case in vendita ha un prezzo inferiore ai 100.000 euro, quota che sale addirittura fino all’88% se si prendono in esame anche gli immobili della fascia tra i 100.000 e i 200.000 euro. Nella stragrande maggioranza dei casi, insomma, non si tratta certo di abitazioni di particolare pregio e tanti impiegati, piccoli imprenditori, artigiani, commercianti, per anni capaci di fare fronte alle crescenti difficoltà, sul lungo periodo si sono trovati a pagare un conto salatissimo, arrivando a intaccare anche il patrimonio più prezioso, la propria casa. Di contro, considerando il punto di vista di chi è interessato ad acquistare, la presenza sul mercato di tante case offre notevoli opportunità d’investimento e molti istituti bancari mettono a disposizione strumenti finanziari ad hoc per procedere all’acquisto e i meccanismi di vendita all’asta sono trasparenti e tutto sommato semplici: chi ha disponibilità di denaro può realizzare dei veri e propri affari e c’è sempre la possibilità di farsi seguire da un tecnico o da un professionista del settore per avere la sicurezza di non commettere passi falsi.


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