N°208 - Panorama di Economia Immobiliare - Marzo 2019
SubTitle: COMPRAVENDITE E LOCAZIONI
Secondo le stime preliminari, nel IV trimestre 2018 l’indice dei prezzi delle abitazioni (Ipab), acquistate dalle famiglie per fini abitativi o per investimento diminuisce dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dello 0,6% nei confronti dello stesso periodo del 2017 (era -0,8% nel III trimestre 2018). La flessione tendenziale dell’Ipab è da attribuire unicamente ai prezzi delle abitazioni esistenti, che registrano una variazione negativa pari a -0,7% (era -1,3% nel trimestre precedente). I prezzi delle abitazioni nuove, invece, rimangono stabili su base tendenziale, mostrando una netta decelerazione rispetto al +1,6% del III trimestre del 2018. Questi andamenti si manifestano in un contesto di persistente crescita dei volumi di compravendita (+9,3% l’incremento tendenziale registrato per il IV trimestre del 2018 dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate per il settore residenziale). Anche su base congiunturale la lieve diminuzione è dovuta unicamente ai prezzi delle abitazioni esistenti che registrano ancora un calo, pari a -0,3%, mentre i prezzi delle abitazioni nuove registrano un aumento dello 0,3% dopo la stabilità del trimestre precedente. In media, nel 2018, i prezzi delle abitazioni diminuiscono complessivamente dello 0,6%, a fronte di dinamiche di prezzo di segno opposto tra i prezzi delle abitazioni esistenti (che pesano per oltre l’80% sul dato complessivo), in diminuzione dell’1%, e quelli delle abitazioni nuove che aumentano dell’1%. Rispetto alla media del 2010, primo anno per il quale è disponibile la serie storica dell’Ipab, nel IV trimestre 2018 i prezzi delle abitazioni risultano diminuiti del 16,9%, a causa esclusivamente alle abitazioni esistenti i cui prezzi sono diminuiti del 23,2%, mentre per quelli delle abitazioni nuove si registra complessivamente un aumento, seppur contenuto ( +0,7%). Il tasso di variazione per il 2019 è negativo e pari a -0,4%.
1° OSSERVATORIO SUL MERCATO IMMOBILIARE 2019 – NOMISMA
L’aumento delle compravendite, tornate ad attestarsi verso quota 580 mila, nonché l’ennesima riduzione di intensità della flessione dei prezzi registrata sia nelle città maggiori sia in quelle intermedie, rappresentano il portato di una dinamica rialzista la cui intensità pare ora destinata a ridursi. L’entità della frenata dipenderà dall’efficacia delle misure di politica economica poste in essere, oltre che dalla disponibilità del sistema bancario a continuare ad assecondare la pulsione proprietaria delle famiglie italiane, anche in un contesto di maggiore precarietà reddituale. Questo è quanto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2019 di Nomisma che ha analizzato la congiuntura immobiliare italiana con uno specifico focus sulle seguenti città intermedie: Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno, Taranto, Trieste e Verona. La dipendenza da mutuo e il mancato innesco di una spirale inflattiva, nonostante il costante incremento delle transazioni, costituiscono la manifestazione più eclatante della fragilità della dinamica espansiva in atto. Infatti, è alle erogazioni di mutui che si deve guardare per individuare la principale determinante dell’ascesa del mercato immobiliare degli ultimi anni, poiché senza un diffuso ricorso all’indebitamento non sarebbe stato possibile, nella maggior parte dei casi, colmare l’ingente gap tra disponibilità patrimoniali e valori di mercato. I mercati delle 13 città intermedie monitorati presentano una variabilità dei prezzi più contenuta rispetto alla distribuzione degli stessi sull’intero mercato italiano. Su base annua i prezzi delle abitazioni nei medi mercati hanno subito una riduzione dell’1,2%, mentre l’evoluzione dei canoni è prossima all’invarianza, con una variazione pari a -0,2% su base annua. Considerando invece gli immobili d’impresa il calo dei prezzi è leggermente più elevato, attestandosi nell’ordine del -1,5%. I canoni hanno seguito dinamiche simili ma in questo caso, a differenza del segmento residenziale, non si può ancora parlare di tendenziale stabilizzazione, bensì di ulteriore calo (anche se contenuto), nell’ordine dell’1%. I tempi di assorbimento delle abitazioni sono più variabili nei mercati minori che in quelli maggiori e si attestano nell’ordine dei 7,3 mesi. Sul fronte delle locazioni, invece, i tempi per affittare sono più bassi e convergenti nelle 13 città e si attestano in media intorno ai 2 mesi e mezzo. Considerando la domanda di abitazioni nei mercati intermedi, si rileva una lieve prevalenza della ricerca di una casa di proprietà (52%), rispetto alla soluzione in affitto (48%). Tra le città monitorate si registrano comunque differenze di combinazione tra forme di possesso: si passa dal 30% di domanda di locazione registrato a Livorno e a Trieste, al 60% rilevato a Modena e a Verona. Non è un dato trascurabile quello relativo alla domanda che si rivolge all’opzione dell’affitto, confermando l’immagine di un Paese più mobile rispetto al passato, ma anche la presenza sul mercato di una domanda di utilizzo temporaneo in crescita, essendo passata in un anno dal 12% al 16,3%. Un’altra componente di domanda monitorata riguarda l’acquisto per investimento che, come era emerso nell’Indagine Nomisma sulle famiglie, nel 2018 era relativa al 15,4% delle manifestazioni d’interesse; una quota pressoché analoga trova riscontro nei mercati delle città intermedie, dove la quota d’acquisto per investimento riguarda il 14,2% della domanda. Gli effetti sul mercato del nuovo scenario macroeconomico sono difficilmente prevedibili, ma è indubbio un deterioramento sia del clima di fiducia degli operatori sia degli indicatori previsionali. Se sul versante delle compravendite si profila una sostanziale stabilizzazione dell’attività sui livelli del 2018, su quello dell’evoluzione dei prezzi l’agognato raggiungimento dell’invarianza risulta ulteriormente posticipato. A livello nazionale sembra profilarsi una frenata nel processo di progressivo irrobustimento della crescita che caratterizza, ormai da qualche tempo, il settore residenziale. L’insorgere di tensioni istituzionali prima e i riflessi di carattere finanziario che da esse sono scaturiti poi, rappresentano i principali fattori a cui ricondurre la flessione degli investimenti immobiliari corporate registrata lo scorso anno (dagli 11 miliardi del 2017 agli 8,6 del 2018) e l’attendismo che caratterizza i primi mesi di questo. A penalizzare il comparto ha contribuito l’accresciuta percezione di rischiosità del nostro Paese, scaturita dalla contrapposizione con la Commissione Europea sugli obiettivi in termini di rapporto deficit-Pil e acuita dal rallentamento economico in atto. In attesa del superamento dell’impasse economico-finanziaria venutasi a creare, il mercato immobiliare evidenzierà nell’immediato un minore dinamismo rispetto all’evoluzione recente ma non si tratta di un’inversione ciclica, bensì di una battuta d’arresto indotta da fattori esogeni che non pare in grado di pregiudicare la possibilità di ulteriore espansione a medio termine, sempre che i segnali di recessione economica, oggi ancora timidi, non tendano a rafforzarsi.
LA CASA DI PROPRIETÀ EQUIVALE A 17,4 ANNI DI AFFITTI – IDEALISTA.IT
Acquisto o affitto, cosa conviene? È la domanda alla quale ognuno cerca di dare riposta ma spesso la valutazione può rivelarsi del tutto soggettiva. Basandosi sui dati elaborati e relativi ai prezzi al metro quadro degli immobili in vendita e in affitto – dati riferiti al IV trimestre 2018 – sono state calcolate quante annualità di locazione occorrerebbero per acquistare casa agli attuali valori di mercato: dalla simulazione è emerso che in Italia servono mediamente 17,4 anni di affitti per comprare casa, contro i 18,7 di due anni fa, risultato di uno studio analogo. Nello specifico, Salerno (24,3 annualità), è la città dove occorrono più anni di affitto per acquistare casa; di contro, Biella (12,1 anni), è la città dove si compra nel minor tempo di locazione. E’ interessante soffermarsi sul capoluogo meneghino: a Milano, infatti, sono necessari 15,4 anni di locazione per l’acquisto di una abitazione e ciò è certamente correlato al boom degli affitti, anche a fronte di un incremento dei prezzi tendenziali dopo l’Expo. Roma si trova leggermente sopra la media nazionale, con un numero di annualità pari a 19,3. Molto più alto, invece, è il numero di anni che occorrono per comprare casa a Napoli, ben 22,4 anni per gli acquirenti campani. Per chi investe nel mattone, le piazze con i rendimenti più elevati, almeno sulla carta, sono Biella (8,1%) e Taranto (8%). Fanno da contraltare, i rendimenti a basso indice di attrattività di Salerno (4,1%), seguita da Venezia, Caserta e Siena con il 4,2%. Tra i principali centri, Milano e Torino, con il 6,5% e il 6,2%, fruttano le rendite più interessanti; investimenti meno profittevoli a Roma (5,2%) e Napoli (4,5%). Questa analisi non ha la pretesa di dire se comprare casa convenga o meno rispetto all’affitto, perché sono troppi i fattori che influiscono sulle decisioni d’acquisto, molti dei quali soggettivi, e poi andrebbero sempre tenuti in considerazione i costi iniziali e gl’interessi su un eventuale mutuo che gonfiano ulteriormente il prezzo finale. In ogni caso, questo indice può servire a orientare le scelte degli utenti nel perenne duello tra l’affitto e l’acquisto, dove è difficile stabilire un vincitore che, forse, non c’è.
OSSERVATORIO ANNUALE SUGLI AFFITTI RESIDENZIALI – IMMOBILIARE.IT E MIOAFFITTO.IT
È un’Italia a quattro velocità quella che emerge dalla fotografia del mercato delle locazioni dell’Osservatorio annuale sugli affitti residenziali che evidenzia infatti quattro gruppi: da una parte Milano, dove i prezzi continuano a salire a ritmi velocissimi, e le grandi città con mercati in salute e in forte ripresa; dall’altra, piccoli centri e provincia, dove invece il settore è ancora in sofferenza, soprattutto per l’assenza di domanda. L’analisi sull’andamento delle locazioni nell’ultimo anno ha messo in luce Milano come caso unico: qui i prezzi sono saliti del 9%, a fronte di una domanda aumentata del 7%; i numerosi aspiranti locatari del capoluogo meneghino devono fare i conti con un’offerta in calo, che non riesce a star dietro alla domanda e che in un anno ha perso il 5% e con costi record – per un monolocale di 40 metri quadri si spendono in media 750 euro al mese (18,72 euro al metro quadro). Viaggiano con andamenti positivi, ma non ai ritmi milanesi, gli altri grandi capoluoghi di regione dove in un anno i prezzi sono aumentati del 3%, in risposta a una domanda cresciuta del 2%; in questo caso anche l’offerta risulta in salita: +3% da marzo 2018. Affittare un monolocale in una delle grandi città italiane costa in media poco più di 520 euro al mese (13,1 euro/mq), con picchi sopra i 600 euro a Firenze. I numeri evidenziano un andamento ancora in sofferenza nei capoluoghi di regione più piccoli, in cui gli indici restano in campo negativo. L’offerta di immobili in locazione appare stabile (1% in un anno), ma la domanda in calo del 2% porta i costi a perdere ulteriormente terreno, con un calo annuale pari al 4%; per un monolocale in questi centri si spendono in media 270 euro al mese (6,68 euro/mq). Tutto il resto del Paese, quindi l’Italia dei piccoli comuni e della provincia, nel complesso mostra ancora un mercato che non riparte, soprattutto a causa dell’assenza di domanda; la mancanza di opportunità di lavoro e lo spopolamento hanno portato questo indicatore a scendere del 4% nel giro di un anno, con un conseguente calo dei prezzi del 6% rispetto al 2018, attestandosi su una media di 5,96 euro al metro quadro. In negativo anche l’offerta che perde il 3%.
RAPPORTO SUL MERCATO DEGLI UFFICI IN EUROPA – BNP PARIBAS REAL ESTATE
Il mercato delle locazioni di uffici in Europa è fiorente, infatti il take-up di uffici nelle 42 principali città europee ha raggiunto quasi 13 milioni di metri quadrati, un livello simile a quello del 2017 – che era stato di gran lunga l’anno più attivo del decennio. A livello di singole città, il centro di Londra ha raggiunto 1,4 milioni di mq (+19% rispetto a un anno prima), in crescita per il terzo anno consecutivo. Invece, a causa della scarsità dell’offerta, i quattro principali mercati tedeschi (Berlino, Francoforte, Amburgo e Monaco), hanno registrato un calo dell’8% ma rappresentano ancora 3,04 milioni di mq, ben al di sopra della media di lungo termine. I volumi del centro di Parigi sono calati del 9%, in particolare a causa della mancanza di grandi deal. Risultati molto elevati sono stati registrati a Vienna (+54%), Lussemburgo, Lisbona (+21%), Milano e Varsavia (+10%). Il livello di sfitto si è nuovamente ridotto in Europa nel 2018 e potrebbe aver raggiunto il suo punto minimo in diversi mercati: i tassi di vacancy più bassi si sono registrati in Germania, in particolare a Berlino e a Monaco, ma il calo più evidente è stato registrato ad Amsterdam e Varsavia. Allo stesso tempo, la quota di uffici vuoti è diminuita in tutti gli altri principali mercati, come nel centro di Parigi, Londra, Milano e Dublino. Spinti dall’elevata domanda di uffici e dalla diminuzione della vacancy, i valori di locazione degli immobili prime sono aumentati in tutti i principali mercati europei, ad eccezione del centro di Londra. Altri grandi aumenti si sono registrati ad Amburgo, Berlino (+9%), Milano e Francoforte (+7%). Il mercato degli investimenti ha seguito lo stesso andamento con volumi ancora in crescita a 264,5 miliardi di euro in Europa e l’attività si è effettivamente rafforzata nei sedici maggiori city markets, con un aumento del 10% che ha rotto la soglia dei 100 miliardi di euro, un record storico assoluto. Gli uffici hanno rappresentato il 45% dei volumi investiti in Europa e sono stati caratterizzati da un numero elevato di mega deal. Parigi ha beneficiato di una crescita elevata dei volumi investiti (+26% anno su anno), arrivando a essere il mercato europeo più attivo del 2018, seguito da Londra. I rendimenti degli uffici hanno continuato la loro tendenza al ribasso in tutta Europa, raggiungendo i minimi storici alla fine del 2018. Tra i 40 mercati analizzati nel rapporto, i rendimenti prime si sono attestati in media al 4,40% nel IV trimestre del 2018, 26 punti base in meno rispetto al IV trimestre 2017. Tra i principali mercati, Berlino presenta ancora il livello più basso di rendimenti prime nel settore uffici, seguita da Monaco, Francoforte e Parigi.
“SHOPPING 2019” RAPPORTO SUL MERCATO IMMOBILIARE COMMERCIALE IN EUROPA E IN ITALIA – SCENARI IMMOBILIARI
Nel 2018 le transazioni del mercato immobiliare commerciale europeo hanno movimentato 53,8 miliardi di euro di investimenti complessivi, in leggera flessione rispetto all’anno precedente, con una previsione di crescita dell’1,3% per arrivare a 54,5 miliardi nel 2019. In Italia il fatturato immobiliare del settore commerciale nel 2018 ha raggiunto 8,9 miliardi di euro, che dovrebbero salire a 9,3 nel 2020. L’andamento del mercato immobiliare commerciale europeo nel 2018 è stato caratterizzato da una forte polarizzazione che si è manifestata in diversi ambiti, nelle aree geografiche, nelle strutture, nei segmenti di mercato, negli investitori e nelle transazioni. C’è stato un sentiment poco favorevole e si è registrata una correlazione inversa tra investimenti nel real estate e aumento delle vendite online. Ha predominato un atteggiamento di cautela da parte degli investitori, già condizionati da una bassa propensione al rischio, determinata dall’abbondante disponibilità di capitali e dal ridotto costo del denaro, fattori che hanno contraddistinto i mercati negli ultimi anni. Si è registrato un andamento disomogeneo tra i Paesi, che ha premiato quelli dell’area mediterranea quali Spagna, Portogallo e Italia, e penalizzato invece alcuni più a Nord, Regno Unito e Germania in primis, dovuto a una disparità correlata alla crescita delle vendite online. Se nel 2015 gli investimenti nel comparto europeo avevano toccato i 65,4 miliardi di euro, negli anni successivi è stato registrato un calo a due cifre culminato nei quasi 54 miliardi del 2018, anno che dovrebbe segnare il punto di ripartenza del settore in previsione di un aumento di poco più di un punto percentuale per il 2019. Il mercato immobiliare del commercio in Italia ha chiuso il 2018 in sostanziale stabilità in confronto all’anno precedente. Le dinamiche delle transazioni hanno evidenziato, tuttavia, una marcata polarizzazione in termini qualitativi e d’interesse. Nonostante si sia attenuato il sentiment poco favorevole che ha fluttuato in Europa, scemato prima nell’area mediterranea e poi in tutta la Penisola, l’atteggiamento degli investitori è stato di maggior cautela, anche rispetto al continente, e il mercato italiano è risultato più attrattivo; le motivazioni sono da ricercare in un un’incidenza più contenuta nella crescita dell’e-commerce, che ha allontanato i timori di una veloce diffusione del commercio online, l’importanza dello spazio fisico nell’espansione dei retailer, evidenziato dalle numerose aperture, che ha rafforzato la fiducia nella necessità per i retailer di mantenere una rete fisica di negozi sul territorio; a ciò bisogna aggiungere il modo diverso di fare shopping, soprattutto dei Paesi mediterranei, quasi sempre accompagnato da una forte componente leisure e da un’attrattività per la ristorazione e i servizi aggiuntivi; infine, la costante crescita dei flussi turistici legati al commercio che consentono ricadute positive sulle economie, tanto nelle aree centrali delle grandi città quanto in quelle più periferiche o meno conosciute e da promuovere. Nel 2018 è proseguito il trend di crescita del giro d’affari del comparto commerciale in Italia: dopo il +4,2% registrato nel 2017, lo scorso anno l’incremento è stato pari al 2,9%, per 8,9 miliardi di euro di fatturato e nel 2019 dovrebbe salire ancora a 9,1 miliardi (+2,2%), fino ai 9,3 del 2020. L’analisi di venticinque delle transazioni più significative di immobili a uso commerciale del 2018, suddivise per cluster, in relazione all’obiettivo strategico della compravendita, mette in evidenza la polarizzazione del mercato: in primo luogo, le transazioni di disinvestimento, tredici in totale, per una superficie di circa 264 mila mq con un controvalore di poco superiore ai 668 milioni di euro; si è trattato di asset ceduti perché non più conformi alle proprie strategie da perseguire, ad esempio quelli esclusi da una posizione dominante, senza dimenticare le transazioni avvenute nelle high street, cinque in totale, per un investimento complessivo di poco inferiore a cinquecento milioni di euro. Sebbene l’interesse resti concentrato su Milano e Roma, l’attrattività si è allargata anche ad altre città, come Venezia e Bologna. L’abbandono dei centri storici da parte delle attività terziarie apre costantemente occasioni di posizionamento per i retailer; tuttavia, scarseggiano le dimensioni desiderate e un probabile fabbisogno di sviluppo in verticale diventa un’opportunità in più per gli investitori. Risulta significativa anche la quota di transazioni rilevanti, quattro in totale, per una superficie di oltre 148mila mq e un controvalore di 293 milioni di euro e si è tratto principalmente di grandi strutture, collocate in posizioni dominanti rispetto al proprio bacino di riferimento. Infine, le transazioni di immobili da valorizzare, due in totale, per una superficie di poco più di 60mila mq (e un investimento di circa 105 milioni di euro) che hanno riguardato strutture in posizioni secondarie (Parma e Brennero), confermando l’interesse sia nel comparto che in location a bassa penetrazione dell’e-commerce.
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